“Durante quel viaggio ho visto morire il ragazzo che avevo accanto, anzi non l’ho visto, avevo gli occhi chiusi, ho sentito la vita che si allontanava da lui ed io non potevo far nulla. Eravamo rannicchiati tutti in un doppiofondo creato apposta nel rimorchio di un camion, lo stesso che ci stava portando in Italia. Non avevo nulla con me, solo una bottiglietta di acqua ed un paio di mutande nella tasca dei jeans, quei pochi soldi che ero riuscito a racimolare a Sliven, la città in cui ero nato, li avevo nascosti nei calzini. In quei momenti pensi alla tua vita, solo alla tua vita, perchè in quelle condizioni, perderla è una questione di attimi. Ho digrignato i denti, mi sono messo le mani sulle orecchie per non sentire i battiti del cuore che mi risuonavano dentro, ho sopportato il dolore come quando combattevo sul ring. Un giorno però, si è aperta la mia porta ed un raggio di luce è entrato”
Bevo un sorso del mio vino rosso, poi appoggio il calice sul tavolo e guardo fuori, oltre la vetrina del ristorante dove mi trovo. Oggi c’è il sole ed i miei occhi hanno bisogno di prendere fiato, la primavera mi sta regalando un pò di calore anche se è ancora lontana a venire. Sulla via Emilia ci sono alcuni ragazzi che corrono sui pattini a rotelle, sono felici, una ragazza dai capelli lunghi prende in braccio un bambino piccolo, forse è suo figlio, gli dà una carezza, si sorridono a vicenda, poi lei lo bacia.
Mi trovo a pochi chilometri da Modena e sono seduto al tavolo di un'Osteria, una di quelle che ha ancora la tovaglie a quadri rossi e le sedie impagliate. Davanti a me c’è Pavel, mi sta raccontando la sua storia davanti ad un piatto di tortelloni burro e salvia. Lo guardo mentre mi parla, è un ragazzo dal viso buono, sincero, parla un italiano corretto e non sbaglio un verbo.
Quel Tir è sempre davanti ai suoi occhi, sente ancora il rumore della strada, delle ruote sull’asfalto, ma soprattutto sente ancora il dolore dei colpi sulla schiena il giorno in cui vide per la prima volta il cielo dal suolo italiano. Quella mattina la polizia di frontiera scoprì il carico umano presente su quel camion, li fecero scendere nel parcheggio dietro la caserma, così scoprirono il corpo senza vita di quel ragazzo. Da quel momento in poi, l’inferno. Partirono gli interrogatori, Pavel era stato un pugile, aveva combattuto sul ring, conosceva già il dolore dei colpi sul viso, aveva imparato a sopportarlo, ad affrontarlo, ma le botte ricevute dalla Polizia quel giorno se le ricorda bene. Poi un susseguirsi di ore in attesa del proprio destino , ammanettato ad un termosifone insieme ai suoi compagni di viaggio.
Venne rispedito indietro, sporco, derubato dei soldi che aveva con sé e con i vestiti laceri, riuscì comunque a fare ritorno in Bulgaria, a Sliven la sua città natale.
Era iniziato tutto qualche anno prima, quando dopo la caduta di Gorbaciov la sua famiglia dovette lasciare la Russia e tornare in patria. La vita a quel tempo non era facile, ma vi era in lui, un lumicino di speranza nei racconti dei connazionali che si trovavano già in Italia. Parlavano di guadagni enormi, di lavoro, di una vita ben più semplice rispetto a quella che proponeva la Bulgaria in quegli anni.
Decide di partire, i suoi genitori non sono d’accordo, si preoccupano, ma lo aiutano, non lo ostacolano. Lui inizia a fare piccoli lavori, ha bisogno di cinque milioni di vecchie lire, con quei soldi gli hanno promesso un passaporto Schengen e il trasporto fino in Spagna, perché in realtà è lì che vuole arrivare.
Pavel è un pugile e per raggiungere la cifra richiesta decide di salire sul ring. E’ forte, vince e viene notato dagli allibratori che gestiscono le scommesse clandestine. Durante gli incontri puntano su di lui, il rumore sordo dei pugni rimbomba nelle sale dove avvengono gli incontri, c’è chi urla, chi sventola in aria le ricevute delle scommesse. Non passerà molto tempo e gli uomini che gravitano attorno all’ambiente mafioso lo avvicinano, gli chiedono di lavorare per loro, vogliono che recuperi i soldi di chi non paga il pizzo. Lui accetta, ma non riuscirà mai a far del male a nessuno, osserva, resta in disparte, segue il gruppo ma se ne tira fuori presto. Continuare con quella vita significherebbe guadagnare soldi facili, guidare una Bmw, scarpe firmate, tante ragazze, ma non è quello che cerca, la sua vita deve prendere un’altra strada. Ce la può fare, ce la deve fare anche a costo di mangiare pane e cipolla tutti i giorni.
Passa un anno, riesce a partire, finalmente questa volta arriva in Italia attraversando l’Austria, ma Pavel è giovane, la sua fiducia è alla mercé di tutti, si fida di chi si presenta come amico. E’ solo ed in una terra nuova, dove si parla un’altra lingua che è troppo difficile da imparare. La sua fiducia non verrà ripagata, rimane senza soldi, quei pochi che aveva finiscono in mani sbagliate, ma non si dà per vinto. Si trova a Mestre, ma grazie ad un numero di telefono che aveva nel taschino riesce a raggiungere Nikolay, un parente lontano che lavora a Milano, così con gli ultimi soldi che gli sono rimasti acquista un biglietto del treno e parte.
Arriva in città, guarda le luci colorate delle pubblicità, tutto sembra bello, allettante, facile, si incontrano in un bar poco vicino la stazione, si sente per un attimo a casa, intravede in quell’uomo un attimo di pace. Nikolay lavora in un circo, si occupa degli animali e la sera dorme in un camper insieme ad altri operai, parla con il suo titolare e riesce a farlo assumere. La paga è fissata per 900 euro al mese, ma l’abbaglio del buon guadagno dura poco, infatti, il netto che gli arriva in tasca ogni mese è poco meno di trecento euro. Il resto viene trattenuto come affitto per il posto letto nell’alloggio condiviso con gli altri.
Ora ho davanti a me un ragazzo che scava nei suoi ricordi, l’espressione del viso cambia, diventa a volte cupa come se con fatica stesse recuperando le tracce del suo arrivo. In fondo le occasioni per guadagnare meglio e subito in Italia, Pavel le aveva avute. Non era passato molto tempo da quando dei suoi connazionali gli avevano chiesto di unirsi a loro per compiere delle rapine. Aveva dormito in un baraccone vicino ai Navigli, la notte sentiva i topi camminare sulla sua schiena e mangiare il suo cuscino, piu’ di una volta in preda alla disperazione aveva tentato ad accettare quella proposta, ma era sempre riuscito a farla franca. Va via dal circo, inizia a girovagare per trovare un lavoro che gli permettesse una vita dignitosa, nel frattempo dorme dove capita, mangia quello che riesce a recuperare fino a quando non gli consigliano di prendere il treno ed andare in Romagna, vicino Rimini. Ci sono delle aziende agricole che cercano operai per la raccolta della frutta, non se lo fa dire due volte e sale sul primo treno in direzione sud. Inizia nei campi di fragole, nei suoi ricordi, queste piantagioni non hanno fine, attraversano l’orizzonte visibile. Gli offrono dieci euro al giorno compreso il vitto e l’alloggio in un fienile. Passa un mese di lavoro, di sveglia alle quattro del mattino, del panino a pranzo e del sole che ti brucia la pelle, arriva il giorno di paga, il caporale che gestiva la squadra di lavoro in cui faceva parte Pavel non mantiene le promesse. Inventa delle scuse e lo paga sei euro anziché le dieci pattuite all’inizio. Pavel viene preso dalla rabbia, si ribella a quel sopruso, discutono a voce alta fin quando non arrivano alle mani. E’ costretto a scappare, ad andare via di nuovo, sembra che per lui non esista un momento di pace, un posto dove dormire sereno, dove vivere di quel poco che gli basta per andare avanti.
Inizia a vagare, dorme dove può, fa lavoretti saltuari, ci sono giorni in cui mangia altri in cui vede gli altri mangiare dietro le vetrine dei bar. Gli attimi di scoraggiamento arrivano e lo sbattono contro un muro, ci sono momenti in cui vorrebbe mollare quel sogno ma riesce sempre a riemergere. Si sposta come un leone che va a caccia per la sua famiglia ma non ha paura, le sue spalle sono forti. Arriva a Cecina, dove trova lavoro in un ortofrutta, si occupa di riordinare il magazzino, fa le consegne, inizia a farsi apprezzare e le persone del posto iniziano a volergli bene. Incontra una ragazza, si frequentano fino a quando lei lo fa diventare padre di un bimbo bellissimo che chiameranno Marco. Ma l’età, la paura o chissà cosa, Pavel si ritroverà da solo a crescere quel bambino.
Da quel momento in poi dovrà lottare contro una burocrazia lenta, pesante, in cui ogni volta che abbatteva un muro di carte, ne trovava subito un altro pronto ad ostacolarlo.
Per quel figlio ha lottato, non ha dormito, lo ha tenuto stretto al petto durante le notti insonni, ha sopportato in silenzio le offese, le mancanze di rispetto di chi lo etichettava “straniero”.
Usciva la mattina presto per andare a lavorare e pagava la signora del portone di fianco per portare Marco a scuola. Lo ha aiutato nei compiti, nello sport, ad imparare l’Italiano, ha lottato per lui.
Pavel oggi è un uomo di quarant’anni realizzato, con una compagna al suo fianco che lo ama, lavora in ospedale e tende ogni giorno la sua mano verso chi chiede aiuto. Nel frattempo si è iscritto all’università, si trova al terzo anno di Scienze Politiche e crede sempre di più nel suo futuro, nel suo e quello della sua famiglia.
Guardo l’orologio, sono passate due ore da quando abbiamo iniziato a parlare, gli pongo un’ultima domanda prima di andare via. Gli chiedo qual’è il profumo che gli viene in mente pensando alla Bulgaria e quello invece, che lo lega al suo arrivo in Italia.
Mi risponderà un’ ora dopo, con un messaggio vocale sul telefono, io lo ascolto in auto, in realtà lo riascolto più di una volta perche’ porta a galla l’umanità, l’essere di una persona che ha lasciato la sua famiglia, per un salto nel buio, per la voglia di riscattarsi.
“..Paolo, c’è un odore in particolare e quando lo sento, anche adesso, mi trasporta alla mia infanzia in Bulgaria. Ai momenti di spensieratezza, di serenità, a quando ero un bambino, ed è il profumo del Tiglio. Ogni volta che lo sento, ti giuro Paolo, mi viene una pace dentro, come se fosse un abbraccio e mi riporta a casa dai miei genitori ed ai momenti felici passati con loro. Dell’Italia invece, ho presente l’odore del mare, nonostante abbia dormito tra gli scogli e al freddo, il mare riporta a galla tutto quello che ho costruito fino ad arrivare a quello che sono oggi. E’ uno strano senso di serenità..”
E dopo questa frase, sono felice anche io..
Fortifica l’anima
Diventa ciò che vuoi
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